A.I.D.O. in lutto

Lo ricordiamo con affetto e riconoscenza per il grande contributo dato per lo sviluppo della cultura della donazione e per la realizzazione del materiale associativo e dei primi corsi di formazione itineranti per i volontari. Si deve a lui negli anni 90 il Progetto Scuola con la guida pratica (Quaderno n. 3).

Di seguito riportiamo la premessa al quaderno e un articolo del 1999 pubblicato su L’Arcobaleno, anche oggi di grande attualità.

Nell’immagine a fianco, dell’aprile 2002, Gianfranco Cantoni insieme a Fabio Cannavaro, testimonial Aido.

PREMESSA
Spesso andando a parlare nelle scuole sono stato presentato da presidi o insegnanti con queste parole: ”…ed ora passo la parola al dottor Cantoni che vi illustrerà l’Associazione con le sue finalità…”. Con tutto l’affetto che ho per l’Associazione, con tutto l’orgoglio che ho di appartenervi, io non sono andato là per quello.

Sono andato a parlare di problemi reali, a comunicare informazioni corrette, ad esporre ciò che è necessario fare in certe situazioni, a diffondere la cultura del prelievo e del trapianto di organi, e solo eventualmente alla fine, e su precisa richiesta, a parlare dell’Associazione.

Fino a ieri diffondendo scopi e finalità dell’Aido, ed ottenendo l’adesione, di fatto chiedevamo anche il consenso al prelievo degli organi, con un consolidamento ed una diffusione della cultura della donazione.

Ed abbiamo ottenuto notevoli risultati con il milione circa di persone che si sono iscritte in questi anni.

Oggi tutto questo non basta più per cui se vogliamo ancora contare e dare un contributo valido per la nostra società, dobbiamo cambiare.

Vediamo di fare il punto sulla situazione attuale.

1. Il trapianto è uscito dall’area della sperimentazione e può considerarsi a tutti gli effetti una vera e propria terapia. Sono stati affrontati con successo tutti i problemi organizzativi che la complessità del processo prevedeva con strutture stabili ed efficienti per cui prelievo, trasporto, trapianto degli organi, terapie successive sono realizzabili in tempi utili ed in modo efficace.

2. L’intervento chirurgico è stato perfezionato per cui oggi può essere considerato di entità media con probabilità di successo praticamente del 100%.

3. La sopravvivenza dei trapiantati è sicuramente migliorata rispetto ai non trapiantati. L’impossibilità di esaurire le liste di attesa ci da dei dati indiretti molto importanti: a 16 mesi di distanza dall’iscrizione in lista di attesa tutte le persone non trapiantate di cuore, fegato, pancreas sono morte, mentre a 5 anni di distanza dal trapianto vivono rispettivamente 82%, 70%, 72%.

4. Questi tempi medi sono caratterizzati da un trend positivo. Continuano a migliorare grazie ai progressi della tecnologia medica e della farmacologia.

5. All’approvazione della nuova legge, quella del silenzio – assenso per intenderci, come è avvenuto per gli altri paesi che l’hanno applicata, sarà risolto il problema del trapianto di organo salva vita o risolutivo di un grave disagio esistenziale.

Cosa accadrà domani?

Senza considerare i progressi che la medicina sta facendo, le tecnologie ed i farmaci che si prevede verranno prodotti, due semplici interventi, le liste di attesa continentali e la possibilità di conservare gli organi in apposite banche, come per le cornee, permetteranno una identità immunologica tra donatore e ricevitore ed elimineranno completamente il rigetto. Questo elemento, insieme a pochi altri correttivi, aumenterà enormemente la sopravvivenza delle persone trapiantate fino a portarla a tutta la speranza di vita. Di fatto un organo trapiantato non si differenzierà da quelli originari della persona e, se dovesse succedere qualcosa di negativo, si potrà ripetere l’intervento più volte.

Ed allora si potrà trapiantare anche per patologie meno gravi. Perché correggere un cuore difettoso quando lo si può sostituire con uno perfetto?

E non è tutto. Già da tempo si sa che se noi potessimo sostituire gli organi deboli in tempo otterremmo un allungamento della speranza di vita di un periodo di tempo variabile dai 30 ai 50 anni. Vi immaginate come aumenterà la richiesta di questi interventi se saranno a rischio zero, duraturi con un allungamento della vita di quella portata?

Se non si metteranno in atto dei correttivi la richiesta di organi aumenterà vertiginosamente e la carenza sarà ancora più marcata non per tutti, ma per le persone socialmente più deboli

Già oggi esistono seri problemi per l’allocazione degli organi a disposizione. Stabilire dei criteri equi per distribuire i pochi organi che possono essere trapiantati nelle strutture pubbliche, a gratis, del nostro o di altri paesi non è certamente facile. Da noi la cosa si risolve ancora in maniera indiscriminata ed equa in quanto entrano, nella composizione delle graduatorie delle liste di attesa, solo elementi obiettivi di natura clinica e/o anagrafica. Pensate che già oggi negli USA esistono speciali commissioni (dette Commissioni di Dio) che decidono l’assegnazione degli organi secondo parametri morali. A Seattle si è deciso di trapiantare per prime, e quindi, vista l’enorme carenza di organi gratis , solamente loro, le persone “socialmente utili”; in altri ospedali si cerca di impedire il trapianto di fegato a chi ha fatto abuso di alcool, il trapianto in genere a chi non ha la fedina penale pulita e così via.

In questo contesto alle normali richieste di trapianto salvavita o per il disagio esistenziale grave si aggiungeranno quelle per le malattie non gravi e per il prolungamento della vita e, senza correttivi all’attuale situazione, le classi dominanti imporranno la loro forza ed otterranno di essere scelte per i trapianti, mentre le classi socialmente deboli avranno il ruolo privilegiato di donatori.

Dovendo scegliere chi pensate otterrà l’organo: il ricco che vuol prolungarsi la vita o l’operaio che deve salvarla?

Questo scenario è stato ipotizzato per il 2010. È questa la prospettiva per cui si parla di cloni come banca di organi personali e di altre aberrazioni bioetiche del genere. Perché credete che le grandi multinazionali che arricchiscono sulla malattia investano centinaia di miliardi per gli animali transgenici: per salvare vite umane o per allungare la vita ai ricchi? Cosa credete possa rendere maggiormente?

Riuscite ad immaginare in un contesto del genere il peso che potrà avere la simbologia del “dono”? Nel conflitto di interessi che si realizzerà per accaparrarsi organi per allungarsi la vita cosa significheranno gli slogan “vivi oltre la vita”, “un dono per la vita” ed altri ancora che in questi anni sono stati il nostro cavallo di battaglia?

Se poi guardiamo la situazione che si ha oggi per gli innesti non possiamo essere ottimisti e pensare che lo scenario precedentemente definito sia tetro e poco probabile.

La pelle venduta per il ringiovanimento, figli programmati per dare organi o tessuti al fratello ammalato, ci danno la sensazione che il prossimo futuro presenterà situazioni non facili e forse peggiori di quelle ipotizzate.

E tutte queste soluzioni oltre ai costi morali avranno anche, prima di tutto, costi economici per cui è ipotizzabile una linea di tendenza ancora più marcata verso un fine drammatico ed ingiusto: chi ha i soldi campa, vive bene e a lungo, chi non li ha muore o vive una vita grama.

E noi ci siamo battuti sempre per permettere a tutti, indipendentemente dalla situazione economica, di usufruire dei benefici della scienza medica.

Tutte queste situazioni, tutti questi progressi della medicina possono essere offerti a tutti per molti anni ancora ad una sola condizione: utilizzare integralmente il grande patrimonio del prelievo da cadavere.

Ed allora, come si vede, la strada da percorrere è ancora lunga: dobbiamo eliminare, attraverso la consapevolezza, ogni forma di rifiuto. Ed allora si evidenzia che il patrimonio culturale ed umano dell’Associazione è ancora indispensabile e lo sarà per molti anni a venire, ma dovrà essere utilizzato correttamente, in modo efficace fino a raggiungere la coscienza di tutti e non solo di pochi eletti.

Ma, e mi ripeto, per poterlo fare ancora dobbiamo cambiare.

In ultima analisi noi dobbiamo trasformare la nostra azione da testimonianza a vera e propria “professionalità sociale”. Dobbiamo creare risorse e capacità che offrano delle risposte al disagio sociale che necessariamente tornerà a verificarsi, offrire servizi qualificati ed integrati con quelli istituzionali, creare un’organizzazione adeguata e motivare al massimo i volontari per l’utilizzo diretto delle competenze specifiche.

Il volontario “globale” tipico della fase iniziale dell’Associazione non ha più senso di esistere da solo. Dobbiamo specializzarci all’interno della struttura, dobbiamo perfezionare o creare ex novo organismi capaci di affrontare vecchi compiti in modo nuovo, o nuovi compiti addirittura, in modo da essere adeguati ai tempi e continuare a soddisfare quei bisogni per cui ci siamo associati. In questo senso dobbiamo allargarci e cercare anche persone non responsabilizzate sull’intero campo di attività, ma che garantiscano interventi, seppur discontinui e temporalmente circoscritti, di grande efficacia operativa (medici, insegnanti, ecc.).

E se dobbiamo dare informazioni che siano patrimonio definitivo delle persone: se dobbiamo formare le coscienze di tutti i cittadini il campo di elezione della nostra azione deve essere necessariamente la scuola.

Ed è per questo che io continuo a proporre la scuola come campo elettivo dell’intervento dell’Associazione. Con l’inserimento organico nella formazione dei giovani si può fare un altro grande passo avanti: dalla cultura del dono a quella della coscienza civica.

E come dobbiamo entrare nella scuola? Come insegnanti, come didatti di un normale argomento di Educazione Civica, non come volontari che propagandano l’Associazione. Dobbiamo batterci perché questi argomenti assumano la dignità degli altri contenuti scolastici ed offrirci per quello che siamo, senza insicurezze o false modestie: gli unici in grado di dare risposte corrette su questi temi. Ed è di questo che dobbiamo convincerci. Quando si parla con la gente, con i ragazzi non serve il grande rianimatore che sa tutto sulla morte cerebrale, lo psicologo che sa tutto sulle emozioni, l’avvocato che sa tutto sulle leggi, il prete per la bioetica, ma una persona che, quale sia la sua formazione di base, in anni di militanza ha integrato tutti questi temi, ha capito la complessità del problema e sa esprimerla tutta.

Senza dilungarmi, visto che spero di aver chiarito il problema, ritengo che ci sia un solo modo di rapportarsi con la scuola: chiudere con le iniziative saltuarie legate alla disponibilità dei singoli volontari e vedere in questo intervento il cardine portante dell’Associazione del futuro e quindi pianificarlo sul territorio con strutture ed operatori stabili.

Questo quaderno nasce da tutte queste esigenze che possono essere così sintetizzate: mettere i volontari in grado di intervenire nelle scuole con strumenti adeguati alla realtà del momento in tempi brevi.

Con questo non voglio pensare di aver risolto il problema presentando una specie di testo risolutivo di tutto, anzi. La formula aperta che ho adottato allegando il dischetto significa una scelta ben precisa: questo è un punto di partenza in cui è raccolto tutto il materiale attualmente a disposizione; spero ed auspico che l’esperienza di tanti in questo settore lo possa arricchire di idee ed operatività sempre nuove ed attuali.

Gianfranco Cantoni

Tratto da “Quaderni di Documentazione N. 3 – Progetto Scuola. Guida Pratica”
A cura di: Gianfranco Cantoni, Vincenzo Passarelli e Alessandra Luppi
Performance, 1999 – Roma

Si apre un dibattito sul futuro dell’Associazione
Quale professionalità per l’Aido?
L’analisi che mi accingo a fare nasce da un mio preciso convincimento che espongo come eventuale elemento di discussione: la nostra Associazione per poter continuare a svolgere anche nel futuro il ruolo di primo piano che ne ha contraddistinto la storia deve cambiare.

L’Aido è un’associazione di volontariato e, come tutte le altre, è nata di fronte ad un bisogno della società civile che le istituzioni non erano, e non sono ancora pienamente, in grado di soddisfare: reperire gli organi necessari a tutte le persone che ne hanno necessità per poter vivere o per fare una vita degna di essere vissuta.

Alle origini abbiamo messo in campo l’atteggiamento che io chiamo operativo proprio di tutte le associazioni di donazione sanitaria: la richiesta diretta di organi ed il nome che ci siamo dati rispecchia questa derivazione.

Già dai primi anni di applicazione della legislazione dei prelievi e trapianti di organo si è svelata l’improprietà di questa linea a due livelli: 1) se non si fosse prelevato solo agli iscritti all’Associazione la situazione del settore sarebbe molto più disastrosa di quella attuale; 2) l’iscrizione all’Associazione non ha mai avuto alcun valore legale in quanto la decisione finale è dei familiari che possono o meno tener conto delle volontà del defunto.

Nonostante queste premesse l’atteggiamento operativo si è rinforzato perché, sempre in questi anni, abbiamo fatto di tutto in quanto la situazione del nostro Paese ci ha costretti ad un ruolo di retroguardia: combattere per obiettivi arretrati, già realizzati in tutti i paesi civili; esercitare azioni di pressione sulle istituzioni per affermare l’inalienabile diritto di tutti alla salute. Ci siamo trovati, di fatto, dei compiti da svolgere, delle operatività che ci siamo efficacemente assunti per la latitanza delle istituzioni.

Progredendo negli anni abbiamo ottenuto grandi risultati, ma dopo il primo momento di soddisfazione ci siamo domandati:visto che il problema dei trapianti si sta risolvendo cosa faremo nel futuro?

Se le istituzioni si prendono in carico correttamente i problemi inerenti la gestione dei prelievi e dei trapianti di organo non possiamo pensare di non aver più nulla da fare. Il futuro prevede un grande aumento di richieste di organi vecchi e nuovi (il recente trapianto di mano segnala, se ce ne fosse bisogno, che esistono ancora ampi margini di evoluzione in questo settore) per cui se vogliamo che i progressi della medicina possono essere offerti gratuitamente a tutti per molti anni ancora si deve realizzare una sola condizione: utilizzare integralmente il grande patrimonio del prelievo da cadavere.

Ed allora la politica del “dono” da sola non è più sufficiente, dobbiamo puntare ad eliminare i rifiuti, creare una coscienza civica per cui il prelievo degli organi diventi “naturale” ed automatico come tutte le altre pratiche messe in atto dopo la morte.

Il bisogno su cui siamo nati è sempre lo stesso, ma va aggredito con altra ottica ed in altri modi e, per fare questo, dobbiamo modificare la coscienza di molti, creare una cultura adeguata.

E questo compito spetta ancora a noi prima di tutto perché nessuno se ne fa carico in modo adeguato e perché siamo gli unici ad aver chiaro il problema.

Ed è di questo che dobbiamo convincerci. Quando si parla con la gente, con i ragazzi non serve il grande rianimatore che sa tutto sulla morte cerebrale, lo psicologo che sa tutto sulle emozioni, l’avvocato che sa tutto sulle leggi, il prete per la bioetica, ma una persona che, quale sia la sua formazione di base, in anni di militanza ha integrato tutti questi temi, ha capito la complessità del problema e sa esprimerla tutta.

In questi anni abbiamo fatto grande esperienza di integrazione di questi argomenti, li abbiamo portati in ogni sede, ci siamo perfezionati commettendo errori che via via abbiamo corretto, siamo avanti di oltre vent’anni a tutti gli altri.

Siamo gli unici esperti del settore.

Questo titolo, a parte il significato di vocabolario o di senso comune, ha una precisa collocazione anche all’interno della scuola dove, secondo le normative vigenti,“all’azione degli insegnanti sarà affiancata quella degli ‘esperti’ di quelle discipline importanti per la formazione dei giovani e non presenti nei curricoli scolastici…”. Gli esperti sono quelle persone che indipendentemente da titolo di studio od altro conoscono gli argomenti che vanno a trattare. Un militante Aido non va più a propagandare l’Associazione, ma entra come esperto di problemi di Educazione civica.

In ultima analisi noi dobbiamo aggiungere alla nostra azione di testimonianza una vera e propria “professionalità sociale”. Il volontariato “globale” tipico della fase iniziale dell’Associazione non ha più senso di esistere da solo. Dobbiamo specializzarci all’interno della struttura, perfezionare o creare ex novo organismi capaci di affrontare vecchi compiti in modo nuovo, o nuovi compiti addirittura, in modo da essere adeguati ai tempi e continuare a soddisfare quei bisogni per cui ci siamo associati. In questo senso dobbiamo allargarci e cercare anche persone non responsabilizzate sull’intero campo di attività, ma che garantiscano interventi, seppur discontinui e temporalmente circoscritti, di grande efficacia operativa (medici, insegnanti, ecc.).

In sintesi: fino ad oggi cercando il consenso abbiamo costruito un grande patrimonio culturale; nel futuro, senza abbandonare i campi tradizionali di intervento, dobbiamo impegnarci in modo sistematico a diffondere la cultura che abbiamo prodotto. Lo schema seguente cerca di esporre in forma sintetica i punti che caratterizzano, a mio avviso, l’operatività dell’Associazione e come dovrebbero essere modificati per assumere una dimensione culturale più evidente ed attiva.

Associazione donatori di organi = Associazione per la donazione degli organi;

Richiesta del “dono” = Richiesta del “dono”e costruzione di una coscienza civica sul prelievo degli organi; Monitori = Esperti;

Dipendenza – contrasto con le Istituzioni = Collaborazione “paritetica” con le stesse;

Volontari globali = Volontari globali cui si aggiungono volontari specializzati anche par-time.

Io ritengo che solo agendo in questo modo continueremo ad impegnarci sempre e meglio per permettere a tutti, indipendentemente dalla situazione economica, di usufruire dei benefici della scienza medica.

Dott. Gianfranco Cantoni, Medico – Parma

Tratto da “L’Arcobaleno” Anno 2 – n. 2 Luglio/Settembre 1999